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Descrizione

Innocenzo Manzetti

Innocenzo Manzetti venne alla luce ad Aosta nel mese di marzo del 1826. Il padre Giuseppe era nativo di Invorio Inferiore ed aveva la propria dimora in Galesso sulla via che conduce ad Arona. Ben presto lasciò il paese per trasferirsi dapprima a Novara ove svolse attività di falegname presso il collegio dei Gesuiti ed infine ad Aosta. Ebbe, dopo il matrimonio celebrato ad Aosta, due figli, Innocenzo e Luigi. Il primo, che dimostrava una particolare inclinazione per la matematica, si applicò allo studio delle materie tecniche, rifiutando quell'indirizzo umanistico auspicato dal padre. Vari aneddoti, spesso stravaganti, vogliono riferire il vivo interesse che Innocenzo, sin da bambino, dimostrò per i fenomeni naturali e scientifici. Così una sera d'autunno, trovandosi insieme con il fratello Luigi su di un ponte, in attesa del ritorno dei genitori che si erano assentati con la carrozza, questi gli fece notare che accostando l'orecchio al parapetto del ponte si potevano sentire in lontananza il tintinnio dei campanelli dei cavalli e il calpestio dei loro zoccoli sul selciato. Questo fenomeno destò la curiosità di Innocenzo che, rendendosi conto di come i rumori venivano trasmessi dai solidi, si chiese se fosse stato possibile inviare a distanza anche le parole. E pare che fin da ragazzino riuscisse nel suo intento. Un giorno, in casa Manzetti, alcuni bambini dovevano, per gioco, correre lungo un corridoio buio e raggiungere un teschio nell'interno del quale era stata messa una candela e, per dimostrare il loro coraggio, dovevano suonare un campanello posto accanto ad essa. Quei pochi che si azzardavano a farlo, subito retrocedevano spaventati perchè dal cranio usciva una voce rauca che diceva loro in francese: "que fais tu?". Era Innocenzo che, da un lontano sgabuzzino, inviava tramite un filo queste parole che parevano uscire dal teschio. Al conseguimento del diploma di geometra il Manzetti si dedicò ad invenzioni più concrete, fra le quali un orologio che veniva caricato una sola volta all'anno. Nel 1861 destarono meraviglia alcune sue apparecchiature meccaniche che permettevano di sentire un discorso o un brano di musica eseguito in lontananza.

Costruì anche un automa, costituito da ben cinquecento congegni meccanici, che muoveva le braccia, si levava il cappello, salutava con voce assai simile a quella umana e suonava brani musicali con un flauto. Modesto e timido il Manzetti non chiese sussidi ad alcuno nè si fece dare il così detto brevetto di privativa per tutelare le sue invenzioni. Ebbe solo un piccolo riconoscimento dal paese di origine del padre, Invorio, che tramite il sindaco, il barone Giulio Ferrari Ardicini, gli fece pervenire 100 lire per proseguire nelle sue ricerche. Quando venne divulgata la notizia dell'invenzione del telefono ad opera di Meucci, il Manzetti cercò di rivendicare a sè questa scoperta; ma fu tutto inutile ed anzi venne accusato di essere un uomo ambizioso che, per puro interesse personale senza averne i requisiti, ingiustamente si era appropriato di questa invenzione. Queste gravi calunnie segnarono irrimediabilmente la vita del Manzetti che si spense ad Aosta nel 1877. Invorio volle ricordare questo suo figlio con una lapide che venne inaugurata l'8 settembre 1894. Presenziarono oltre alle autorità anche insigni studiosi fra cui il professor Fornari che dimostrò incontrovertibilmente con dati precisi come la scoperta del telefono fosse da ascrivere solo ed esclusivamente ad Innocenzo Manzetti.

Giovanni Curioni

Giovanni Curioni fu senza dubbio il più illustre invoriese di tutto l'Ottocento ed anche il più insigne fra i benefattori del Comune. Nato nel 1831 da Giuseppe, di professione cuoco, e da Caterina Giani, frequentò le elementari nel paese natio, il ginnasio ad Arona e dal 1844 il liceo classico presso il Regio collegio convitto di Novara, gestito dai Gesuiti, ottenendo sempre risultati eccellenti in tutte le materie di studio. Al termine del liceo si iscrisse all'Università di Torino dove si laureò brillantemente nel 1855 in Ingegneria ed Architettura. Iniziò ad insegnare presso l'Istituto industriale di Torino, ma già nel 1862 ottenne la qualifica di aggregato alla facoltà di Scienze. Nel 1865 fu nominato assistente, l'anno seguente divenne professore straordinario e nel 1868 a soli trentasette anni fu professore ordinario di Costruzioni presso la Regia Scuola d'Applicazioni per ingenieri, che era allora la più qualificata in Italia. Nel 1882 venne nominato vicedirettore di questa scuola, che praticamente era l'antenata dell'attuale Politecnico, e non divenne direttore solo perchè tale carica era incompatibile con quella parlamentare. Dal 1873 al 1884 fu consigliere provinciale di Novara, eletto nel mandamento di Arona, quando la provincia di Novara comprendeva anche Vercelli, Biella, la Valsesia, e il Verbano Cusio Ossola. Nel 1880 venne eletto deputato, poi riconfermato nelle elezioni del 1882 e in quelle del 1886 fino alla sua morte avvenuta il 1 febbraio 1887.

Le opere scientifiche

Dal 1873 il Curioni divenne socio dell'Accademia delle Scienze di Torino, segnalandosi come autore di numerose ed interessanti pubblicazioni scientifiche. L'opera che più lo rese famoso fu "L'arte del fabbricare" pubblicata nella ex capitale sabauda fra il 1867 e il 1884 dall'editore Augusto Negro. Questa monumentale opera, suddivisa in dieci volumi e quattro atlanti, fu basilare testo di studio per ingenieri, architetti, geometri e grandi capomastri. Alla morte del Curioni il Comune di Invorio venne citato in causa dall'Editore che vantava il rimborso delle spese sostenute nel predisporre le bozze della nuova edizione che l'insigne autore stava predisponendo. Sicuramente Giovanni Curioni è stato il maggior esperto italiano di ferrovie, gallerie e costruzioni nella metà dell'Ottocento. Questa riconosciuta fama gli valse la partecipazione a numerose commissioni governative, come la Reale Commissione per il regolamento dell'Imposta Fondiaria, che aveva compito di rendere più moderno il sistema catastale, la Commissione della Società Reale di Agricoltura Industria e Commercio, e infine la Commissione per la riforma del Sistema di Insegnamento Universitario al quale si dedicò con grande entusiasmo. Fu anche uno degli animatori della Società degli Ingenieri ed Architetti di cui ricoprì il ruolo di presidente in due trienni dal 1874 al 1876 e dal 1884 al 1886.

Il Curioni benefattore

Pur essendo molto impegnato nella sua attività di docente universitario e di parlamentare, il Curioni ebbe sempre a cuore le sorti del proprio paese di natale e della sua zona, e tornava spesso ad Invorio fra la sua gente. Fu così che nel 1875 egli progettò il nuovo palazzo municipale e seguì la direzione dei lavori del tutto gratuitamente. Non volle neppure accettare il rimborso spese di 110 lire per le copie dei disegni e le marche da bollo e donò questi soldi alla Congregazione di Carità. Rinunciò al suo onorario anche nel 1880 quando fu incaricato dai sindaci dei Comuni della zona di analizzare le cause del grave inquinamento delle acque dell'Agogna, causato dagli scarti della lavorazione delle rocce estratte dalla miniera di materiale piombifero del Motto Piombino, sopra l'abitato di Gignese. Egli aveva già l'animo del benefattore e, alla sua morte, lasciò al comune di Invorio tutti i suoi beni che ammontavano ad oltre 200.000 lire, facendo però obbligo al comune di costruire l'asilo infantile, di istituire una scuola di disegno per operai, di versare 1000 lire all'anno ai nipoti della moglie, finchè il più giovane di essi avesse raggiunto i ventitré anni d'età, di versare 1500 lire di pensione alla vedova Orlandini e di dare un vitalizio annuo di lire 500 alla sua domestica. Senza dubbio la scuola serale per lavoratori e la scuola materna per bambini contribuirono in modo determinante al progresso civile e culturale del Comune di Invorio e dei suoi abitanti.

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